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Nobel fisica, Cabibbo amareggiato

 

 

 
Polemica sul Nobel per la Fisica 2008
Teoria italiana, vincitori giapponesi
 
 
Studiare, elaborare teorie e vedersi assegnare il premio Nobel a chi si è basato su queste teorie.
E’ accaduto al fisico italiano Nicola Cabibbo,
 ispiratore dei due studiosi giapponesi Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa,
vincitori dell’ambito premio, partiti proprio dalle sue scoperte.
Cabibbo preferisce non parlare anche se è palese la sua amarezza.
 La giuria dei Nobel lo ha nominato ben otto volte come ispiratore della scoperta.
 
Fonti vicine a Cabibbo dicono che il fisico italiano è molto amareggiato.
Già lo scorso anno, a pochi giorni dall’assegnazione del Nobel per la fisica 2007,
circolavano con insistenza nell’ambiente scientifico fra Tokyo e Chicago voci che davano per sicuro il Nobel a
Cabibbo, Kobayashi e Maskawa.
Tutti, insomma, erano convinti non soltanto che le ricerche inaugurate da Cabibbo sarebbero state premiate,
ma che il premio Nobel sarebbe stato condiviso dai tre ricercatori.
E’ poi accaduto che il Nobel 2007 è stato assegnato a ricerche di tipo sperimentale e applicativo.
Quest’anno sarebbe quindi stata la volta della fisica teorica.
Il campo di ricerca premiato è quello atteso,
 a detta di molti manca però uno dei protagonisti.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Si chiama Repliee R-1, sembra una bambina,
ma è un robot. E’ la sconvolgente creazione dei ricercatori
giapponesi dell’università di Osaka che hanno creato una macchina
dalle sembianze umane che si muove e parla.
Il robot, uno dei più sofisticati mai creati finora,
ha la pelle in silicone, 50 sensori e una serie di motori
che lo aiutano a muoversi.
L’azienda di robotica Cyberdyne Inc
ha intenzione di produrla in serie per aiutare
 i pensionati e i disabili a camminare.

stupende e serene vacanze a tutti

 
Da spiagge dorate adornata
da languide onde lambita
c’era un’isola
che pareva incantata
Per corona aveva un cielo infinito
dove nuvole brillavan copiose
sotto fulgidi raggi di sole
Uomini e donne di ogni colore
uniti felici sembravan di cuore
bimbi festosi giocavano lieti
anche gli animali parevano quieti
Tutto era pace e grande armonia
questo riempiva l’anima mia
Certo quest’isola ancora non c’è
ma nel mio cuore la serbo preziosa
Attendo il giorno in cui là vivrò
e unita al tutto mi sentirò
se anche il tuo viso vi scorgerò.
 
(libre.moi)
 
 
 

“Nozze” non è un sostantivo plurale”

Mario era un giovane Medico. Moderno e dinamico: per lavoro doveva dividersi fra Roma e Phoenix, dove c’era il centro più avanzato al mondo per il tipo di chirurgia che lui praticava. Una splendida occasione professionale, presa ovviamente al volo, quella borsa di studio internazionale che gli permetteva di superspecializzarsi proprio nel settore che amava di più: la neurochirurgia.
Una specializzazione che richiedeva mano ferma e nervi saldi.
A casa, a Roma, finalmente si rilassava in compagnia della sua fidanzata storica, la ragazza che aveva conosciuto al liceo e con cui aveva una relazione tranquilla e serena. Tanto che, da un paio d’anni, avevano deciso di convivere. A lei, programmatore di computer, non pesavano le sue lunghe assenze; lui era contento di avere una casa calda d’affetto in cui tornare, poiché era rimasto orfano di madre piuttosto giovane e con il padre non aveva mai avuto un gran rapporto.
Poi, in Arizona, l’incontro con una bellissima collega, di un’ottima e facoltosa famiglia del posto, ha vicinanza e la condivisione di momenti di stress, gioia o dolore avevano cementato il loro legame.
Lei non gli aveva mai fatto domande dirette, lui non le aveva mai parlato della sua vita sentimentale. Fra il fuso orario e gli impegni professionali era molto semplice evitare di farsi chiamare al telefono sia dall’una che dall’altra quando era da questa o da quella parte dell’Oceano.

Il patatrac era successo durante le feste. Alla fine di un pranzo di Natale particolarmente sereno, in cui, complici i genitori di lei, era persino riuscito a stare con suo padre un paio d’ore senza litigare – come succedeva invece di solito – tra i fiumi dello champagne le aveva proposto di sposarlo.
Lei non solo aveva accettato, ma aveva buttato lì una data: precisa, ma sufficientemente lontana nel tempo da non impensierirlo. Il capodanno lo aveva festeggiato a Phoenix, con l’altra, nella villa dei genitori di lei: fra gli invitati, i più importanti medici e dirigenti dell’ ospedale dove tutti e due lavoravano. Atmosfera da film, lei bella come un’attrice, brillante collega con cui condividere una radiosa carriera futura, una vita glamour.
Non si ricordava come, ma ad un certo punto della serata avevano deciso di sposarsi: e la mamma di lei, a cui la figlia aveva subito comunicato la decisione, aveva suggerito di organizzare le nozze in coincidenza con il compleanno del padre. Anche in questo caso, si trattava di una data a cui mancavano almeno sei mesi. C’era tempo, tutto il tempo – pensò lui – di trovare una soluzione.
Poi, le settimane gli erano scivolate fra le dita, i mesi si stavano succedendo con rapidità impressionante e le due future spose erano alegramente al lavoro per i preparativi delle nozze. Il termine si addiceva in particolare alla fidanzata italiana, perché l’americana, un po’ per gli impegni professionali, un po’ perché il reddito della famiglia lo permetteva, anzi quasi lo imponeva, si era affidata a una grande organizzatrice di matrimoni, ha più famosa, la più costosa delle guru del buon gusto casalingo, colei che garantiva una festa da sogno, una giornata indimenticabile, le dovute cronache sui giornali.
Mancavano sei settimane alla fatidica data (quella delle nozze italiane) quando la fidanzata storica, surfando in Internet, aveva visto la clamorosa offerta: bastava registrarsi al sito della famosissima organizzatrice di matrimoni, fornendo i nomi, le date di nascita degli sposi e la data delle nozze per ricevere, via e-mail, gli imperdibili consigli per il matrimonio perfetto, forse fu per un caso (fortunato o sfortunato è da vedersi), o forse perché in fin dei conti qualche cosa aveva nel fondo del suo cuore sospettato,che la ragazza digitò, per primo, il nome di lui e la sua data di nascita.
Prima che lei potesse riempire il campo del nome della sposa, la tecnologia definita "amichevole", volta a semplificare la vita degli utenti, aveva già aperto la videata con il nome dello sposo e la data delle nozze. E, ovviamente, il nome della futura sposa. L’altra.
Volete sapere come è finita? Se c’è stato un lieto fine? Ma quale sarebbe, secondo voi, un adeguato lieto fine?
Che lui abbia sposato la dolce italiana? la bellissima americana?
O, forse, che sia stato lasciato da tutte e due, disgustate dalla sua, è il caso di dirlo, doppiezza?
Qualcuno avrebbe dovuto avvisare il povero ragazzo che "nozze" non è un sostantivo plurale.

Auguri …:-D buone feste a tutti

 

 

 

 

 
Auguri a chi si sente abbandonato…

Auguri a chi si è innamorato,
quando meno se l’aspettava,
ed ecco che ora la vita è tornata a palpitare … 
 

 

Auguri a chi lavorerà tutta la settimana,
nei negozi, alle bancarelle, nei mercatini e nei supermercati,
a soddisfare la frenesia di chi arriva pretendendo
di acquistare in fretta tutti gli ultimi regali e ciò
che serve per il grande pranzo del Venticinque
e di essere seguito dai commessi come fosse il quattro marzo.
 
Auguri a chi non ha una lira da spendere per sé o per chi ama,
 a chi ricicla regali perché non può fare altro,
a chi sa inventarsi un Natale diverso,
 meno consumistico,
ma non per questo si sente meno fortunato.
 
 
Auguri a chi dorme per terra nelle stazioni, sui marciapiedi,
negli atri dei bancomat di qualche banca,
perché ora comincia il freddo e bisogna correre ai ripari.
 
Auguri a chi si sente perso,
a chi non trova un senso nelle cose che fa,
 ce ne sono un sacco di persone così,
e magari non lo dicono, fingono di essere
felici e mettono su una maschera con un
sorriso di plastica adatto alle occasioni.
 
 
Auguri a chi sta qua ma è lontano dalla sua terra,
a chi sente nostalgia della sua famiglia,
a chi si sente di troppo, guardato male, con sospetto.
 
 
Auguri a chi vende rose per strada,
a chi cerca di strappare un sorriso,
due parole, a chi cerca di non strappare proprio niente,
a chi vuole solo stare solo.
 
 
Auguri a chi ha appena avuto un bambino,
e che magari gli farà il piacere di non chiamarlo Natalino,
 e che se lo stringe al petto come il dono più prezioso che si possa avere.
E non si lamenta di continuo se piange la notte.
 Tutti i bambini neonati piangono la notte.
Evvivaddio.
 
Auguri a chi il Natale lo prende così com’è,
senza pensare che è troppo un male o troppo un bene.
 
Auguri a tutte le persone che in questo anno complesso,
bello e difficile mi sono state vicine.
Nomi non ne faccio. Loro sanno chi sono.

 

Auguri alle donne,
che ritrovino la loro strada in questo momento così duro in cui si è tornati
indietro di tanti anni,
e ci si ritrova a combattere per mantenere quello
che le nostre madri avevano già ottenuto in passato.
Auguri a chi compra libri, a chi legge libri, a chi va al cinema, a chi ascolta musica, a chi si ferma a riflettere e non pensa che sia solo tempo perso.
 
 
 
 
Auguri a tutti di cuore
 
Passwordina

le nostre risate….

amica di giorni lontani
amica a cui
fa paura il domani
tu sognavi
un presente diverso
ti accorgi
che il destino
e’ stato avverso.
il tuo cuore
e’ ferito
deluso,
ti conosco
e’ diverso
anche il tuo saluto.
il mondo intorno
lo conosco
ti giuro,
vorrei essere
di conforto.
ricordo
le nostre risate
hanno lasciato
il posto,
a lacrime salate.
il bisogno di amore
non guarda l’eta’
del cuore.
percio’ ti dico
aspetta,
ti deve solo trovare
intanto,
sorridi
e’un nuovo giorno
di sicuro c’e’ qualcuno,
che di te
ha bisogno.
amati
per quella che sei
la vita,
non sempre
e’ poesia
cara eterna
amica mia.
anche se il tuo
e’ il viale
del tramonto
sei una di quelle
che ha fatto
grande il mondo.

 

(Manuela Magi Sveva)